‘ndrangheta “un’ incredibile vicenda” – parte III

COSA SI ERA SCRITTO SUL
"NOTO SERVIZIO" NEL 2000

15 novembre 2002 – Alcuni quotidiani pubblicano
notizie su una relazione tecnica per la Procura di Brescia, giunta a San
Macuto, il palazzo nel centro di Roma che ospita gli uffici della commissione
stragi. Nei documenti la struttura viene chiamata semplicemente "il noto
Servizio". In giornata il documento viene reso noto. Il ‘noto servizio’
sarebbe una struttura parallela, un servizio composto da imprenditori,
industriali, ex ufficiali o badogliani o "repubblichini", come ad esempio
lo scomparso Giorgio Pisano’, ma anche religiosi, come Padre Zucca, entrato
nelle cronache per per aver trafugato la salma di Benito Mussolini a Milano.
E Adalberto Titta, l’uomo che entrava e usciva a suo piacimento dalle carceri
italiane durante le frenetiche trattative con le Br di Giovanni Senzani
che avevano nelle loro mani l’assessore Dc Ciro Cirillo, ma anche Tom Ponzi,
l’ investigatore privato che si afferma fosse legato alla destra estrema.
Il "noto servizio" poteva contare su un buon numero di uomini (164 nel
1972) che costavano diversi miliardi l’anno e che avevano il compito di
predisporre anche i piani per uccidere uomini politici (con finti incidenti
stradali) o per fare rapimenti (tra gli obiettivi, il sindaco di Milano
Aniasi, ma anche Mario Capanna e Giangiacomo Feltrinelli). Uomini che si
appoggiavano prevalentemente ai carabinieri, ma anche al Sid, avendo un
rapporto mediato – come si afferma in piu’ punti nelle "veline" citate
dalla relazione – con Giulio Andreotti. Tra questi uomini troviamo nomi
noti del mondo politico-affaristico, come Felice Fulchignoni, ma anche
illustri sconosciuti. Una struttura parallela che nasce con la fuga del
generale Roatta, nel marzo 1945. Nei documenti compare anche Jordan Vesselinov,
un bulgaro che potrebbe aver avuto un ruolo centrale nel finanziamento
dei gruppi estremisti di destra, massone coperto, e consuocero di Igor
Markevitch, l’uomo di cui si e’ parlato lo scorso anno come possibile "anfitrione"
delle Br. Nella relazione, che espone in gran parte informative sul ‘noto
servizio’, si indicano come uomini centrali della struttura Padre Zucca,
Pisano’, Titta, Fulchignoni e Sigfrido Battaini, che si appoggiavano prevalentemente
su un ufficiale dei carabinieri a Milano (il maggiore Pietro Rossi), con
un ufficio in via Statuto, e uno a Roma.

 

"Battaini – e’ scritto in una
informativa – dispone di notevoli masse di denaro e tiene il proprio deposito
armi, munizioni e automezzi presso la caserma dei Carabinieri di via Moscova.
Il servizio dispone anche di un aereo e di un elicottero che sono depositati
presso un campo di aviazione in territorio svizzero, a pochi chilometri
dal confine italiano". Si cita il "noto servizio" per piazza Fontana, la
strage di Brescia, il Mar di Fumagalli, l’attivita’ del ‘bombardiere nero’
Gianni Nardi, con un riferimento anche ai sequestri, al riciclaggio dei
soldi derivanti da sequestri (Cristina Mazzotti) e ai contatti con lo storico
boss mafioso Luciano Liggio. La struttura, almeno nelle carte citate nella
relazione inviata da Brescia a San Macuto, avrebbe avuto un rapporto privilegiato
con Giulio Andreotti (si citano soprattutto carte degli anni Settanta),
e si riportano informative e veline che attribuiscono al senatore a vita
il ruolo di fomentatore della destra eversiva (cui arrivano armi ed esplosivi)
tramite alti ufficiali dell’Arma (ad esempio il generale Jucci, che inizio’
il rapporto con la Libia all’inizio degli anni Settanta) e guastatori che
operavano in Sardegna (un riferimento a Capo Marrargiu, sede di Gladio?).
Sulla base di molte vecchie testimonianze, di riscontri documentali e di
verifiche incrociate sui documenti ritrovati negli archivi da Aldo Giannuli,
il perito dei magistrati di Brescia Roberto De Martino e Francesco Piantoni,
si afferma in sostanza che sotto la denominazione di "noto servizio", locuzione
questa che potrebbe sottendere un ben preciso nome, si e’ nascosta la struttura
definita come "Super-Sid" e "Supersismi", e che si ipotizzo’ essere la
struttura italiana di Stay Behind, cioe’ Gladio. E si ricorda tra l’altro
che Andreotti, presentando Gladio a San Macuto, titolo’ la sua relazione
"Il ‘cosiddetto Sid parallelo’ e l’operazione Gladio": cioe’ un "servizio
segreto clandestino, irregolare", ma comunque "innestato sul tessuto istituzionale".
E si sostiene che questa struttura possa aver ospitato al suo interno personaggi
di primo piano dell’eversione degli anni Settanta; che l’azione di alcuni
personaggi, indicati come membri della struttura, possa essersi intrecciata
con la strage di piazza Fontana; che questo servizio possa essere in qualche
modo "connesso" alla strage di Piazza della Loggia ("anche se non necessariamente
come mandante o organizzatore"), al punto che le indagini hanno potuto
portare a questa struttura. Adalberto Titta, ex maggiore dell’ aeronautica
morto otto mesi dopo il rilascio di Ciro Cirillo per un infarto che il
giudice Carlo Alemi, che ha indagato sul rapimento Cirillo, definisce "strano",
compare come collaboratore esterno del Sismi nella trattativa con la Nuova
Camorra organizzata di Raffaele Cutolo per arrivare alla liberazione dell’
assessore Dc napoletano sequestrato dalle Brigate rosse il 27 aprile 1981.
Titta era in ottimi rapporti con l’ avv. Francesco Gangemi, testimone di
nozze di Cutolo. Un paio di settimane dopo il rapimento, Titta, insieme
al col. Belmonte, accompagno’ nel carcere di Ascoli Piceno l’ ex sindaco
di Giugliano, Giuliano Granata, collaboratore di Cirillo, il camorrista
Vincenzo Casillo (in contatto con i servizi segreti e poi ucciso dall’
esplosione di un’autobomba) e Corrado Iacolare, per trattare l’ intervento
di Cutolo. Cutolo in seguito ha affermato che Titta gli mostro’ un ‘foglio
di scarcerazione’, ma che lui si fece "una risata perche’ capivo che la
cosa non era possibile". In seguito il giudice Alemi ha dichiarato che
diversi di quelli che in un modo o nell’altro avevano partecipato alla
trattativa o ne erano al corrente, tra cui Casillo, Titta, Nicola Nuzzo,
Luigi Bosso, Salvatore Imperatrice, Aldo Semerari, Maria Fiorella Carraro
sono morti "prematuramente", di morte naturale, suicidi o assassinati.
Il nome di Felice Fulchignoni e’ comparso nelle cronache il 25 gennaio
1985, quando fu arrestato nell’ ambito dell’ inchiesta della magistratura
milanese sulle tangenti pagate dalla societa’ di costruzioni edilizie Icomec
per ottenere appalti di opere pubbliche. Originario di Messina, all’ epoca
Fulchignoni aveva 70 anni, ed era un uomo d’ affari e giornalista professionista,
molto legato al segretario del Psdi Pietro Longo (il cui nome era nei presunti
elenchi della P2 sequestrati a Castiglion Fibocchi). Con Longo, Fulchignoni,
alcuni anni prima, aveva fondato una agenzia giornalistica. Nella sua abitazione
furono sequestrati circa settecento fascicoli contenenti informazioni,
tra l’ altro, sull’ attivita’ di grandi imprese e sulla costituzione di
societa’ all’ estero. Fulchignoni fu accusato di concorso in concussione
per una somma di oltre un miliardo e mezzo, versati dalla Icomec per essere
inserita nell’ elenco delle ditte che partecipavano all’ appalto per la
costruzione della centrale idroelettrica di Edolo (Brescia). La sua posizione
fu pero’ stralciata per gravi motivi di salute. Nella vicenda furono coinvolti
diversi personaggi finiti poi in "Tangentopoli" come Gianfranco Troielli,
Massimo Berruti, Antonio Natali, Fortunato Nigro e Salvatore Curcio. Padre
Enrico Zucca, morto il 16 luglio 1979 nella clinica di Ponte San Pietro
(Bergamo) all’ eta’ di 73 anni, e’ stato priore del convento dell’ Angelicum
di Milano e fondatore e presidente a vita della Fondazione Balzan, che
ha sede a Zurigo, in Svizzera. Il suo nome e’ tra l’ altro legato al trafugamento
del cadavere di Benito Mussolini, avvenuto nel 1946, dal cimitero di Musocco
(Milano). Il corpo fu consegnato a padre Zucca. Lo Stato italiano lo restitui’
alla famiglia solo nel 1957. Per questa vicenda padre Zucca fini’ in carcere
per un mese e mezzo. Nel 1957 padre Zucca partecipa alla creazione della
"fondazione Balzan" con i soldi dell’ eredita’ di Eugenio Balzan, ex direttore
amministrativo del "Corriere della sera", per la gestione della quale avra’
continue dispute giudiziarie con l’ avv. Ulisse Mazzolini, esecutore testamentario
della famiglia Balzan, e con il governo svizzero. Nel 1976 il frate finisce
ancora in carcere per una sola notte, accusato di reticenza in un’ inchiesta
sul finanziere Franco Ambrosio. Durante il caso Moro, padre Zucca, Presidente
della Fondazione Balzan avrebbe messo a disposizione una cifra di due milioni
di dollari, con l’impegno a trovarne molti di piu’ (si parlo’ di 50 milioni
di dollari) grazie all’ aiuto di anche e imprenditori italiani e stranieri
o ricorrendo ai fondi dell’ Istituto. Fu lo stesso frate a parlarne a fine
maggio 1978, sostenendo di aver incontrato un brigatista in un confessionale
di una chiesa di Milano, verso la fine di aprile del 1978 e di aver avuto
la disponibilita’ a trattare e addirittura un invito a visitare il presidente
della Dc nella "prigione del popolo". Secondo padre Zucca, della tentata
trattativa, sarebbero stati al corrente l’ allora presidente del Consiglio
Giulio Andreotti, che pero’ non avrebbe mai risposto alle lettere di Zucca,
e il governo federale svizzero, che replico’ di essere completamente all’
oscuro della vicenda, aggiungendo che padre Zucca era stato espulso nel
1965 dal consiglio della Fondazione Balzan, su decisione del ministero
dell’ Interno federale. A sua volta Zucca replico’ che i due milioni di
dollari provenivano dai fondi del ramo francese della fondazione, di cui
lui aveva la disponibilita’. La Procura di Brescia apre, con l’invio in
Commissione stragi del rapporto sul ‘noto servizio’, la struttura parallela
che avrebbe operato in Italia dal ’43 al ’90, una partita forse decisiva
per capire quale e’ stata la portata della ‘politica occulta’ nel gioco
democratico nel nostro Paese e costringe anche, se venisse verificata,
a rivedere la questione Gladio ed anche lo scontro politico che la contraddistinse.
Se e’ vero che quello dell’ottobre 1990 fu "un osso" gettato da Andreotti
per tutelare altre strutture, questa in particolare, verrebbero confermati
gli elementi, indiziari e anonimi, che sembrano collegare il ‘noto servizio’
al senatore a vita che quando invio’ San Macuto il suo dossier per illustrare
Gladio lo titolo’, con una malizia che ora fa riflettere, "Il cosiddetto
‘Sid parallelo’ e l’operazione Gladio". L’ipotesi da cui si parte – una
struttura civile, infarcita di ex Salo’, imprenditori, religiosi, e uomini
‘dell’ombra’, posti all’incrocio tra affari e politica e che e’ intervenuta
in tanti ambiti, ben oltre il limite della raccolta di informazioni e anche
con presunte uccisioni – e’ ben grave e poggia per ora solo sulle veline
e vecchi riscontri documentali "coerenti" con carte trovate in archivi.
Dal quadro delineato emerge un mix che vede spuntare il riciclaggio dei
proventi dei sequestri, i progettati rapimenti di esponenti politici, i
contatti con Liggio e l’utilizzo a fini politici della destra eversiva
(Mar, Gianni Nardi) ma anche tracce interessanti che portano a piazza Fontana
e alla strage di Brescia. Sullo sfondo della struttura, sulla base di diversi
passaggi, quasi tutti tratti da informative anonime, il profilo di Giulio
Andreotti, accusato, sulla base di un vecchia velina anonima che e’ anche
pubblicata negli atti della Commissione P2, di fomentare e foraggiare i
gruppi della destra eversiva. Il ‘noto servizio’ comunque sembra poggiare
su snodi importanti, come, ad esempio, il tentativo di fondare un nuovo
partito cattolico a meta’ degli anni Settanta che divenne poi l’oggetto
principale, con i riferimenti alle forniture militari alla Libia, del famoso
dossier M.Fo.Biali. Tra gli uomini della struttura spicca Giorgio Pisano’,
indicato,piu’ volte, come "canale" di contato con i carabinieri che sembrano
essere, nell’architettura delineata dalla relazione, i referenti principali
della struttura civile che aveva mani libere nell’azione pur di mantenere
l’Italia nel campo occidentale evitando, a questo punto con qualsiasi mezzo
utile, l’arrivo al potere della sinistra. Nella caserma di via Moscova,
a Milano, erano le armi della struttura e a due passi vi era la sede principale.
Adalberto Titta sembra assumere i contorni del capo operativo, mentre altri
uomini si adoperano in campo imprenditoriale ed economico. Da citare che
nel 1974, quando tra i primi parlo’ di una struttura occulta dei servizi,
Roberto Cavallaro affermo’ che il "Sid parallelo" aveva al suo interno
anche imprenditori e questa struttura si infiltrava, utilizzandoli, sia
in gruppi di destra estrema sia di sinistra estrema. A Brescia poi operava,
come ufficiale pagatore del Mar, Jordan Vesselinov, un uomo probabilmente
centrale per capire certi intrecci. Tutto il dossier allude a cose molto
gravi ma poggia su testimonianze e riscontri deboli, per ora: data la notoria
riservatezza di magistrati di Brescia e la loro rigorosita’ e’ facile intuire
che ben altro ci sia nei cassetti della Procura sul ‘noto servizio’ e che
quindi si dovranno attendere quei documenti per dare una valutazione compiuta
della ipotesi di quello che sembra essere l’ultimo cassetto della politica
occulta in Italia. Certi nomi, come Adalberto Titta, che e’ il vero e proprio
‘prezzemolo’ del caso Cirillo, e Padre Zucca, che compare in tante vicende
quantomeno complesse ed anche come colui che raccolse un ingente somma
per un eventuale riscatto per salvare la vita ad Aldo Moro, sono molto
indicativi.

15 novembre – Athos De Luca, capogruppo Verde
in Commissione stragi, chiede al governo chiarezza sul "servizio segreto
parallelo" scoperto dai magistrati che indagano sulla strage di Brescia,
"scoperta che, se confermata, costringerebbe a rivedere il periodo dello
stragismo sotto una luce nuova". De Luca chiede in particolare di aprire
gli archivi della Presidenza del Consiglio. Il documento dei magistrati,
sottolinea il senatore, descrive "una sorta di superservizio" attivo fino
al 1990 "a carattere prevalentemente civile (ma a guida militare) composto
da industriali, ex partigiani bianchi e reduci di Salo"’ che aveva per
scopo "di ostacolare l’avvento al potere delle sinistre". Per fare chiarezza,
De Luca chiede dunque al governo "di avviare un’indagine immediata negli
archivi della presidenza del Consiglio per verificare l’esistenza di questa
struttura e di riferire al Paramento, in aula e in commissione stragi".
I punti da chiarire, secondo il senatore verde, sono: se e quando questo
organismo e’ esistito; se sia stato un servizio segreto; quali rapporti
abbia avuto con lo stragismo; quale rapporto con la struttura segreta Gladio.
"Sarebbe gravissimo, se, come avvenuto per Gladio" afferma De Luca, l’esistenza
di questo superservizio fosse stato tenuto segreto "ai governi e al Parlamento".
Il comitato parlamentare per il controllo dei servizi segreti chiedera’
alla procura di Brescia di poter acquisire gli atti relativi all’inchiesta
sul ‘Noto servizio’. "Proporro’ ai colleghi del Comitato – ha detto Franco
Frattini Presidente del Copaco – di fare richiesta alla Procura di Brescia
per ottenere la documentazione gia’ inviata alla Commissione Stragi. Da
quanto si apprende – osserva inoltre – questa documentazione rappresenta
un capitolo rilevante nella storia delle deviazioni dei servizi segreti".
Frattini che si dice "sorpreso" per l’esito dell’inchiesta di Brescia plaude
invece per "la riservatezza con la quale la procura ha proceduto nell’indagine".

15 novembre – "Non ne so niente, sono a Pechino
e non mi curo veramente di queste cose", ha detto Giulio Andreotti raggiunto
telefonicamente dall’Ansa a Pechino per un commento sulla documentazione
presentata dalla procura di

Brescia alla Commissione stragi. "Non ho mai
avuto rapporti ne’ segreti ne’ non segreti – ha aggiunto Andreotti – Si
vede che a qualcuno da’ fastidio che io non sia ancora morto". Andreotti,
che e’ in Cina da una settimana a capo di una delegazione dell’Istituto
italo-cinese, rientra domani in Italia.

15 novembre – Per Walter Bielli, capogruppo Ds
in commissione stragi, il libro di Giovanni Pellegrino, ‘Segreto di stato’,
ha "aperto una finestra" sugli anni delle stragi e del terrorismo, ma restano
ancora "altre finestre" da aprire. Bielli tiene a precisare che il libro
di Pellegrino "non smentisce la relazione presentata dai Ds" sulle stragi
fino al 1974, e non nega il ruolo di Gladio. Quanto all’ingerenza Usa nella
politica italiana, che Pellegrino invita a non enfatizzare, per Bielli
"c’e’ stata ed ha agito pesantemente". Anche se, osserva, sono state le
amministrazioni piu’ conservatrici ad aver agito per bloccare le sinistre
in Italia. Quanto alle Br, Bielli condivide il giudizio che si e’ trattato
di un "fenomeno soprattutto nazionale", ma sostiene che soprattutto nel
caso Moro "sono state vastissime le infiltrazioni" da parte di "tutti i
servizi segreti, non quelli di una parte sola".

15 novembre – Il giudice veneziano Carlo Mastelloni.
Il magistrato si era imbattuto nell’organizzazione segreta "Gladio" indagando
come giudice istruttore sulla caduta dell’ aereo dei servizi segreti Argo
16, commenta."Si e’ sempre sostenuto, dopo la scoperta di ‘Gladio’, che
il Sid parallelo potesse identificarsi con esso. Se invece per Sid parallelo
si intende una struttura ulteriore mai emersa, con gerarchie occulte, allora
ne e’ plausibile la pregressa esistenza".

15 novembre – Le rivelazioni della relazione della
procura di Brescia alla Commissione stragi, secondo il deputato di An Enzo
Fragala’, sono la solita "leggenda metropolitana" della sinistra vittima
dei servizi segreti e dell’estrema destra. Secondo Fragala’, questi documenti
servono ai magistrati per ottenere "l’ennesima proroga" per le loro inchieste.
"Bisogna leggere questa relazione – afferma il deputato – per capire come
ancora in Italia vi siano procure che svolgono le loro indagini su informative
anonime, reperite dal consulente di turno presso o l’archivio dell’ufficio
affari riservati, o addirittura dell’Istituto Gramsci". "E’ grave – continua
– che fonti anonime e palesemente inattendibili trovino ingresso in indagini
giudiziarie e poi vengano inviate ad una commissione parlamentare nonostante
contengano calunnie e denigrazioni ai danni di soggetti istituzionali di
alto rilievo."

15 novembre – "Il Sid parallelo? E’ solo un’ ipotesi
contenuta nella relazione di uno dei consulenti della procura di Brescia.
Non c’e’ per ora alcuna prova certa…". Giovanni Pellegrino, presidente
della Commissione Stragi, minimizza cosi’ ai microfoni di Radio Radicale
la notizia dell’ esistenza di un servizio segreto parallelo contenuta in
un documento trasmesso dai giudici bresciani a S.Macuto. "La relazione
che ci e’ arrivata e che peraltro per me e’ ancora coperta da segreto istruttorio
– osserva Pellegrino – contiene solo una pura ipotesi. Parla di alcune
informative, peraltro anonime, secondo le quali ci sarebbe stata in Italia
una struttura segreta diversa da Gladio". "Se la procura di Brescia – aggiunge
– ci ha mandato questa consulenza vuol dire che senz’altro avra’ anche
altri riscontri. Ma per ora noi non abbiamo altro se non questa relazione
fatta da Aldo Giannuli che peraltro e’ anche un consulente della commissione
Stragi". "L’idea che mi sono fatto io – prosegue Pellegrino – e’ che all’epoca
esistesse una pluralita’ di reti clandestine composte per lo piu’ da civili
che agivano spesso in concorrenza tra di loro o coprendosi le malefatte
a vicenda. Parte di queste strutture rispondeva al famoso ufficio Affari
Riservati del Viminale e parte al servizio segreto militare".

15 novembre – "Certamente, per quel che mi riguarda,
e’ credibile il fatto che volessero rapirmi o uccidermi, e anche che volessero
rapire o uccidere altre persone": cosi’ Aldo Aniasi, ex sindaco socialista
di Milano, commenta le notizie relative al ‘noto servizio’ che lo riguardano.
Aniasi, che e’ attualmente presidente della direzione provinciale milanese
Ds, racconta che, a partire dagli anni ’70, avverti’ un clima di minaccia
intorno alla sua persona: "Ebbi piu’ di un avvertimento – spiega senza
pero’ precisare i singoli episodi – e poi minacce, e mi accaddero episodi
stranissimi. Quindi per me e’ credibile che qualcuno volesse rapirmi o
attentare alla mia vita". "Non sono invece in grado – conclude Aniasi –
di dare giudizi sul resto delle questioni relative all’operato o agli obiettivi
di questo ‘noto servizio’".

15 novembre – Massimo Brutti, sottosegretario
agli Interni, spiega che la notizia dell’ esistenza di un apparato di intelligence
super riservato non e’ "del tutto inedita" e ricorda come nel 1990 Andreotti
parlo’ per la prima volta di Gladio. "Ricordo bene quei giorni. Come gruppo
parlamentare presentammo una mozione che impegnava il governo a riferire
entro 60 giorni sull’esistenza di un super servizio segreto parallelo.
E con nostra grande sorpresa Andreotti fece propria quella mozione. Noi
infatti – aggiunge Brutti – ne avevamo gia’ sentito parlare. Conoscevamo
alcuni dei documenti di cui parla ora la Procura di Brescia. Come ad esempio
quello rinvenuto tra le carte di Craxi. E scrissi di questo ‘super servizio’
nella relazione del comitato di controllo sui servizi dell’ottobre 1995.
Presentammo quindi una mozione – racconta – nell’agosto 1990. E Andreotti
tra lo stupore generale, visto che prima aveva sempre negato l’esistenza
di una struttura del genere, la fece propria. Ma spiego’, e considerammo
questa una sorta di ammissione, che siccome si trattava di cosa estremamente
riservata ne avrebbe parlato in Commissione Stragi. Fu a quel punto – prosegue
Brutti – che tiro’ fuori la storia di Gladio. Subito dopo pero’ Andreotti
revoco’ la delega al Sismi su segreto di Stato e Ucsi tenendola prima per
se’ e poi affidandola, prima volta nella storia, ad un civile e cioe’ all’ambasciatore
Fulci allora capo del Cesis". Brutti sottolinea quindi che di questo superservizio
segreto se ne parlo’ anche nel processo Borghese e in quello sulla Rosa
dei Venti. "La notizia dell’ esistenza di un super organismo occulto all’
interno del Servizio segreto militare – scrive Brutti nella sua relazione
del 1995 – non poteva considerarsi del tutto inedita nel 1990 essendo gia’
piu’ di una volta affiorata nella tormentata vicenda delle indagini giudiziarie
sui fenomeni di eversione e di deviazione degli apparati dello Stato".
"Alcune testimonianze – prosegue Brutti – a proposito di una struttura
occulta operante nel Sid furono raccolte nel 1974 dal giudice Giovanni
Tamburino, che indagava sull’organizzazione eversiva Rosa dei Venti’. Il
14 dicembre 1977 il generale Vito Miceli interrogato nel processo per il
Golpe Borghese, che si svolgeva davanti alla Corte d’Assise di Roma, ammise
esplicitamente l’esistenza di un organismo occulto nell’ambito del Servizio
segreto Italiano. Vi fu anche – prosegue Brutti nella sua relazione – una
specifica indagine giudiziaria conclusasi con l’archiviazione il 22 febbraio
1980. Il presidente del Consiglio Andreotti aveva risposto il 4 ottobre
1978, alla Procura della Repubblica di Roma escludendo con una formula
estremamente ambigua l’esistenza dell’organismo occulto".

15 novembre – Francesco Cossiga commenta cosi’,
intervistato dal GR1, le notizie sulla relazione che ha svelato i contorni
del ‘noto servizio’:"Non so niente di tutto questo; solo che penso che
una procura della Repubblica se ha elementi non deve trasmettere atti ma
iniziare azioni penali e non aspettare l’ uscita del libro, che non gli
sara’ andato bene, del sen. Pellegrino". Cossiga risponde anche ad una
domanda sulla fondatezza o meno della "strategia della tensione": "Non
sono in grado perche’ non ne ho mai saputo nulla e nessuno me lo ha mai
chiesto pur essendomi presentato 68 volte alle commissioni di inchiesta
e all’ autorita’ giudiziaria".

15 novembre – Vincenzo Manca, videpresidente della
Commissione Stragi e senatore di Forza Italia, invita alla prudenza:. "Non
emerge dalle indagini – afferma Manca – il profilo di una struttura segreta
tale da meritare il nome di Sid parallelo o super Sid. Si intravedono solo
le ombre di un possibile agglomerato, mutevole nel tempo, di ‘esperti’
gia’ appartenenti a strutture clandestine risalenti all’epoca della Repubblica
Sociale, e di professionisti e di imprenditori organizzati in una struttura
di natura ‘volontaristica’ forse usata, ma senza che il rapporto ne indichi
specifiche prove a suffragio, da spezzoni di servizi segreti del nostro,
o di altri paesi, in funzioni non specificate di ‘anticomunismo militante’".
Vincenzo Manca loda la serieta’ dei giudici di Brescia e li invita a proseguire
"nell’attivita’ di accertamento su questa materia informando la Commissione
dei progressi fatti ed eventualmente offrendo ai magistrati l’opportunita’
di esporre direttamente in audizione quanto essi ritengono opportuno sull’
argomento".

16 novembre – I parlamentari di An Enzo Fragala’
e Alfredo Mantica chiedono che il generale Roberto Jucci venga ascoltato
al piu’ presto dalla Commissione Stragi dopo la pubblicazione del documento
della procura di Brescia secondo il quale esisteva un super servizio segreto
parallelo nel quale l’ alto ufficiale avrebbe avuto un ruolo facendo capo
a Giulio Andreotti. Notizie che sono contenute in veline anonime. "Ogni
volta che la sinistra cerca di muovere le acque – dichiara Enzo Fragala’
– fa autogol. Infatti, in questa vicenda, e’ stata chiamata in causa un’alta
personalita’ come quella del generale Jucci. Lo stesso che ebbe l’incarico
anche durante il governo D’Alema di occuparsi della riforma dei servizi
segreti".

16 novembre – Il deputato di An Enzo Fragala’
definisce "spazzatura" il documento trasmesso dalla procura di Brescia
alla commissione Stragi nel quale si parla di un super servizio segreto
parallelo e annuncia che la Casa delle Liberta’ si opporra’ ad ogni richiesta
di proroga delle indagini sulla strage del 1974 in piazza della loggia.
"E’ chiaro che la procura – ha detto Fragala’ in una conferenza stampa
– ha trasmesso sua sponte quel documento per ottenere l’ennesima proroga
delle indagini sulla strage di Brescia. Ma faro’ di tutto affinche’ la
Casa delle Liberta’ si opponga a questo. Basta, sono passati piu’ di 20
anni e’ ora di finirla. Anzi chiederemo al ministro della Giustizia come
mai questa indagine continua ancora". Il parlamentare ha quindi detto che
presentera’ "un’ interpellanza urgente per capire come mai in certe procure
si dia tanta rilevanza a documenti anonimi. Documenti peraltro costruiti
a tavolino". "E’ grave – ha aggiunto – che un’ indagine cosi’ delicata
e importante come quella sulla strage di Brescia sia affidata a magistrati
che si comportano in questo modo". Magistrati che Fragala’ definisce "sepolcri
imbiancati" visto che "hanno addirittura aperto un’indagine per capire
come sia stata possibile la fuga di notizie sul documento. Mentre sanno
benissimo che la notizia ai giornali e’ arrivata da Brescia non certo dalla
commissione".

16 novembre – Il generale Gianadelio Maletti,
raggiunto telefonicamente in Sud Africa dove vive, commenta cosi’ la notizia
di un super Sid parallelo contenuta nel documento inviato dalla Procura
di Brescia alla commissione Stragi:"Non posso smentire, ne’ confermare.
Non ho mai individuato infatti una struttura parallela di questo tipo".
"No – dichiara Maletti – non so cosa sia stato scritto in questi giorni
sui giornali italiani semplicemente perche’ dove abito non ne arrivano.
Di Gladio si’, so qualcosa. Ma di questa super struttura segreta che avrebbe
fatto capo ad Andreotti non ne so nulla. Non so se sia mai esistita". Interrogato
poi sui vari nomi, come ad esempio quello di Tom Ponzi, di cui si parla
nel documento bresciano, Maletti risponde: "Tom Ponzi? Per quanto mi ricordo
in quegli anni era in Svizzera".

16 novembre – Miriam Tomponzi, figlia di Tom Ponzi,
indicato come componente del super-servizio segreto parallelo, commenta:"Se
ci mettessimo anche noi 50 anni per scoprire i segreti, non avremmo piu’
un cliente. Quello di cui si parla e’ un ridicolo rapporto di quattro pagine
dattiloscritte su carta bianca e non firmate. Vorrei dire agli investigatori
istituzionali di venire a studiare intelligence presso la nostra agenzia,
perche’ se fosse vera l’ esistenza di una struttura del genere, facciamo
i complimenti alla solerzia e all’ efficienza degli investigatori che hanno
impiegato 50 anni per scoprire una organizzazione di tale portata. Ci complimentiamo
per il buon gusto dimostrato nell’ attaccare i morti e ricordiamo che siamo
sempre disponibili per fornire qualsiasi informazione sulla propria attivita’
e su quella del padre".

16 novembre – I parlamentari di An Enzo Fragala’
e Alfredo Mantica hanno annunciato in una conferenza stampa di voler presentare
al piu’ presto una proposta di legge per regolamentare la gestione e l’accesso
agli archivi istituzionali. "E’ mai possibile infatti – ha detto Mantica
– che l’archivio dell’ Arma sia praticamente inaccessibile? E cosi’ quello
della Presidenza della Repubblica?". "Abbiamo avuto difficolta’ di accesso
– aggiunge – anche in quello del Senato. E poi com’e’ possibile che ogni
singola istituzione abbia il suo archivio? I Ros hanno il loro, la GdF
anche e cosi’ ogni singolo ministero. Per non parlare poi dei Tribunali
e delle Procure. Ma chi sa cosa contengono? E chi si occupa di vedere che
non venga sottratto nulla?"."E’ anche questo – prosegue – che ha impedito
alla commissione Stragi di fare un certo tipo di lavoro". "Ma vi rendete
conto? –

conclude – Come commissione abbiamo un consulente
fisso per gli archivi del Kgb ed un altro per quelli della Cia. E invece
in Italia non sappiamo dove mettere le mani". "L’interrogatorio di Moro
di Via Monte Nevoso ad esempio – osserva – c’e’ un carabiniere che giura
di averlo fotocopiato e poi rimesso al suo posto. Ma quando gli ho chiesto
e a noi chi ce lo assicura? Lui ha candidamente risposto ‘io’. E questo
basta? Senza contare poi che se l’ha fotocopiato in qualche parte dell’archivio
dell’Arma deve stare". Mantica propone anche che venga istituita una ‘commissione
di pacificazione’, una soluzione di tipo ‘sudafricano’ che permetterebbe
di arrivare a ‘una memoria storica condivisa’. La commissione dovrebbe
avere per Mantica, che sul tema ha presentato lo scorso luglio un relazione
illustrata oggi in una conferenza stampa, il "compito di indagare sui crimini
a sfondo politico compiuti in uno specifico periodo davanti alla quale
tutti coloro che ammettessero pubblicamente le proprie responsabilita’
potrebbero ottenere l’ amnistia". "Bisognerebbe pero’ risolvere a monte
– prosegue – il problema dell’obbligatorieta’ dell’azione penale che vige
in Italia e che impedisce ad organismi diversi dai tribunali di giudicare
su notizie di reato". "Potremmo anche ipotizzare – aggiunge – una modifica
della Costituzione creando giudici ad hoc con poteri speciali, incaricati
di far luce una volta per tutte, sugli episodi criminosi di stampo politico
rimasti insoluti". "Sono contento – conclude – che anche il presidente
della commissione Stragi Giovanni Pellegrino ora la pensi come me. Con
il tempo forse saremo tanti a pensarla cosi’. In pochi giorni infatti oltre
a lui si sono detti d’accordo anche Ernesto Galli Della Loggia ed Enrico
Morando".

16 novembre – L’ ex presidente della Repubblica
Francesco Cossiga definisce la consulenza della Procura di Brescia sul
super-servizio segreto parallelo il solito "feulleiton rosso" e si augura
che "la si smetta al piu’ presto con queste ricostruzioni storiche e giudiziarie
a trattativa privata". "Non sapevo di cosa si trattasse – dichiara Cossiga
– sono stato in un primo momento indotto a credere che si trattasse di
atti di giustizia. Poi, ho capito che si tratta di uno dei soliti feulleiton
rossi privi di fatti e ricchi piu’ di panzane che di fantasie, prodotto
cui si da’ il pomposo nome di ‘consulenze’ nelle quali tanti soldi ha sprecato
l’ autorita’ giudiziaria da Palermo, e questo me ne duole molto, a Brescia.
E le varie commissioni parlamentari di inchiesta. Spero che la si smetta
con queste ricostruzioni storiche e giudiziarie a trattativa privata".

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